martedì 21 luglio 2009

Lavagna Futura...i metodi BNC!!






Qualche informazione dall'archivio del CORRIERE DELLA SERA:


IL CASO Da Ligato a Necci, la lunga storia della cogestione Promozioni facili, prepensionamenti vantaggiosi. Cosi' i vertici delle Ferrovie decidevano tutto insieme con i sindacati Gallori, ex leader dei macchinisti: "Quel ministro ha ragione, mai visto lavorare un sindacalista. Se il padrone si veste da compagno sono guai" ROMA - "Burlando ha ragione. Mai un ferroviere andato a fare il sindacalista e' tornato a lavorare", dice Ezio Gallori, ferroviere in pensione e mitico fondatore del Comu, il sindacato autonomo dei macchinisti. Poche asciutte parole per condividere la denuncia del ministro sul consociativismo sindacale. E del resto, che ha detto di nuovo Burlando? Nulla. Il presepio e' noto da anni: le Ferrovie impastate di consociativismo, i sindacati che comandano e l'azienda che obbedisce senza battere ciglio, pronta a passare all'incasso quando tocchera' a loro, i sindacalisti con carriera assicurata, obbedire disciplinatamente in nome e per conto di tutti i lavoratori. Lui, Gallori, non si stanca di ripeterlo: "Ho sempre detto ai miei compagni di lavoro una cosa: il giorno che non mi vedete piu' fare i turni sulla locomotiva cominciate a dubitare di me". Gallori e' andato in pensione come macchinista, settimo livello era e settimo livello e' rimasto, "eppure se volevo diventare dirigente le mie brave propostine le ho avute anch'io, stia tranquillo". E come dubitarne? Basta buttare un'occhiata alla recente storia delle Ferrovie. Ricordate dieci anni fa il consiglio d'amministrazione lottizzato con Lodovico Ligato alla presidenza? Pieno di sindacalisti diventati manager: Giulio Caporali veniva dalla scuola di management della Cgil, Ruggero Ravenna veniva dalla Uil, Pietro Merli Brandini dalla Cisl e Antonio Caldoro, in quota socialista, era un ferroviere. Poi venne Lorenzo Necci, e le Fs passarono dalla gestione partitocratica esplicita (verrebbe da dire trasparente) a un piu' moderno stile manageriale. Le carriere dei sindacalisti sono cosi' passate dalla contrattazione politica alla trattativa diretta. Luciano Mancini, per lunghi anni leader dei ferrovieri della Cgil, un bel giorno fu assunto da Necci come dirigente delle Fs, azienda in cui mai aveva lavorato, e paracadutato alla presidenza della Sogin, la societa' dei pullman, una delle diversificazioni societarie delle Ferrovie contro le quali oggi la Cgil tuona mettendo Necci sotto accusa. E Gaetano Arconti, leader dei ferrovieri Cisl, e' diventato anche lui dirigente, gratificato della presidenza della Fondazione Bnc, cassaforte delle azioni della Banca nazionale delle comunicazioni. E Gian Carlo Aiazzi della Uil? Promosso. E Sante Bianchini della Cisl? Promosso. E Luigi Di Giovanni della Cisl? Alto dirigente delle Fs. Dietro ciascun nome c'e' una storia personale, ciascuno trovera' il modo di protestare, di trovare ingiusta l'inclusione nell'elenco dei sindacalisti beneficiati da Necci, di dire che in fondo anche chi fa sindacato ha diritto alla carriera. Eppure, a torto o a ragione, non si puo' non constatare che questi nomi simboleggiano per tutti i ferrovieri una chiara realta': il sindacato non e' un impegno di mutuo soccorso ma una strada per far carriera e accumulare potere. Sarebbe pero' ingiusto dare tutta la colpa a vertici sindacali in deficit di moralita', come se i ferrovieri fossero le loro vittime. Il consociativismo sindacale e' infatti un fenomeno di massa. Quanti sono i dipendenti delle Fs che non lavorano grazie ai permessi sindacali? Migliaia. E quanti sono gli iscritti al sindacato che hanno trovato il modo di incassare una promozioncina? Migliaia. Tutto si tiene, insomma, e non c'e' consociativismo senza consenso. Lo sapeva bene Lorenzo Necci: quando ebbe l'idea di prepensionare 90 mila ferrovieri scaricandone il costo sull'Inps, fu bravissimo a ottenere l'assenso dei sindacati. Prima mossa: prepensionamenti vantaggiosi e solo volontari, serviti a mandare a casa macchinisti di 45 anni e a tenersi gli impiegati di 58. Seconda mossa: accompagnare gli esodi con aumenti di stipendio per chi restava, cosicche' il costo del lavoro per le Fs e' rimasto praticamente lo stesso con il personale quasi dimezzato, mentre oggi un ferroviere costa mediamente quasi come due addetti all'industria. Terza mossa, il capolavoro: un accordo sindacale (tutti i ferrovieri ne ricordano la data, 26 ottobre 1990), che metteva insieme il consenso dei sindacati ai prepensionamenti e l'impegno dell'azienda a garantire la promozione a tutti i dipendenti in distacco sindacale. Qui il consociativismo e' scritto e sottoscritto. Dopo quell'accordo dalle segreterie di Cgil, Cisl e Uil sono partite le lettere (ufficiali) alle Fs con le liste degli iscritti da promuovere. Promozioni a tutti i livelli: da ausiliario a assistente di stazione, da assistente di stazione a capo gestione, da macchinista a capo deposito, da deviatore capo a segretario, da operaio a segretario. Migliaia di promozioni. Poi il sistema si e' perfezionato contrattando direttamente le promozioni di massa scritte nel contratto di lavoro, cioe' automatiche: ne sono scattate diecimila (su 125 mila dipendenti) solo nel '96. Cosi' si capisce perche', quando il governo ha detto che e' forse meglio voltare pagina, e' scattata la "rabbia dei ferrovieri": a qualcuno comincia a venire il dubbio che quel Bengodi dello strapotere sindacale nascondesse la fregatura. Il pensionato Gallori non ha dubbi: "Io l'ho sempre pensato e l'ho sempre detto: quando il padrone si veste da compagno cominciano i guai. Lo dissi a Montagnoli Willy, rappresentante dei macchinisti Cgil, il giorno che lo vidi al di la' del tavolo: era passato nello staff di Cesare Vaciago, il direttore generale delle Fs, la nostra controparte. Gli dissi: bravo, t'e' bastato fare un salto di un metro e mezzo".

Meletti Giorgio

Pagina 5
(4 febbraio 1997) - Corriere della Sera



Una schiera di nullafacenti si appresta ad entrare in "gioco" a Lavagna per prendersi i "benefici" del porto a danno della popolazione.


Chi sono i soci dell'impresa "RAMON"?

Chi è PATRIZIA BARONI ?

Non bastava Porto di Lavagna spa a dissanguare le casse pubbliche ?

ARMANINO che dice ? Segue il diktat come Federzoni e Greganti ?

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